Fisicamente cos’è il diaframma? Sono quelle “Lamelle” che potete vedere nella foto qui sopra all’interno dell’obiettivo e serve a far variare la quantità di luce che entra nella nostra macchina fotografica e che va ad impressionare il nostro sensore. L’apertura del diaframma può essere variata dal fotografo, ma non tutti gli obiettivi sono uguali e non tutti hanno le stesse “aperture” di diaframma.
I valori sono misurati in STOP. Gli stop sono: f:1,4, f:2, f:2,8, f:4, f:5,6, f:8, f:11, f:16, f:22 ecc. Con ogni probabilità la vostra macchina reflex ha dei valori intermedi, così tra f:2,8 e f:4 potrete trovare f:3,2 e f:3,5 che corrispondono a 1/3 di stop. Diciamo che a ogni scattino della rotella con cui variate il diaframma corrisponde questa variazione di 1/3 o di 1/2 stop, quindi per variare uno stop intero dovrete fare due o tre scattini, a seconda di come avete impostato la macchina.
Sappiate che ogni volta che chiudete un po’ il diaframma (facendo quindi aumentare il numero f) il tempo di scatto si allungherà leggermente per fare in modo che il sensore raccolga abbastanza luce, mentre se lo aprirete diventerà più breve. (questo nelle modalità P, A, S, nella modalità M come visto l’esposimetro non fa variare il valore che non state controllando perché di fatto li state controllando tutti) Tra ogni valore di STOP che ho scritto e il seguente o precedente c’è una differenza della metà (o del doppio) della luce che entra: quindi se la macchina vi imposta un tempo di 1/50 di secondo con f:4, il tempo che avrete usando f:2,8 sarà la metà (perché entra più luce), quindi 1/100, mentre con f:5,6 sarà il doppio, quindi 1/25 di secondo.
Quello che varia aprendo o chiudendo il diaframma è principalmente la “profondità di campo” detta “PDC” o in inglese “DOF” (Depht of Field). Che diavolo è? E’ lo “spessore” del piano di fuoco. Non ci avete capito una mazza? Tranquilli, l’immagine che segue vi aiuterà a comprenderne il funzionamento.
Come potete notare, nella prima immagine scattata con un diaframma impostato a f 5,6 il soggetto a fuoco è solamente quello centrale mentre i soggetti davanti e dietro sono completamente sfuocati, quindi si dice che la profondità di campo è piccola. Se passiamo poi ad analizzare la foto scattata a f11 possiamo notare come il soggetto centrale sia sempre comunque a fuoco, ma iniziano a essere maggiormente dettagliati anche le altre due statuine. Passando infine alla foto scattata con un diaframma impostato su un valore di f22, possiamo notare come finalmente tutti e tre i soggetti siano maggiormente a fuoco rispetto alle fotografie precedenti, avendo quindi una profondità di campo molto maggiore rispetto alla prima foto.
Ci sono altri fattori che influenzano la PDC, come ad esempio il tipo di obiettivo e la distanza dal soggetto, ma li approfondiremo più avanti. Provate l’esperimento delle penne sopra descritto mantenendo inalterato il valore f, ma avvicinandovi o zoomando al massimo con l’obiettivo (diciamo 55mm) e poi, dalla stessa distanza zoomando al minimo (diciamo 18mm). Può non essere immediato capire il funzionamento del diaframma e i suoi effetti, ma è essenziale che lo comprendiate prima di andare avanti, perché è una base assoluta della fotografia.
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